La Caldera del Lago di Vico

di Veronica Guidone

Secondo la leggenda il lago di Vico (Lacus Ciminus o Lacus Ciminius) ebbe origine dalla clava che Ercole infisse nel terreno per sfidare gli abitanti del luogo. Nessun uomo riuscì a rimuoverla pertanto lo fece Ercole stesso e dal terreno sgorgò un enorme getto d’acqua che andò a riempire la valle formando così il lago.

La Caldera del Lago di Vico è, in realtà, rappresentativa della storia evolutiva del Distretto Vulcanico Vicano ed è il frutto dell’attività vulcanica verificatasi in un arco di tempo che va da 500.000 anni fa a 90.000 anni fa (c.ca 400.000 anni).

Il vulcano fu interessato da ripetuti collassi del suo cono, a seguito dello svuotamento parziale della camera magmatica sottostante, che determinarono la formazione della caldera poligenica ospitante il lago di Vico.

La caldera è un esempio significativo e unico, se si tiene conto dell’elevato grado di conservazione della morfologia del recinto in cui è ospitato il lago, nel quadro del vulcanismo della Provincia Comagmatica Romana.

Il lago di Vico, originariamente chiamato lacus Ciminus, assunse il nome odierno dal medievale Castrum Vici, primo possesso (secolo X) dei Prefetti della Tuscia, dal quale la potente famiglia romana trasse il proprio cognome. Del borgo che sorgeva a poca distanza dalla riva, sulle rovine di un villaggio etrusco-romano (Vicus Elbii), distrutto nel 1431 da Everso dell’Anguillara, signore di Ronciglione, restano soltanto la chiesetta di Santa Lucia e le vicine rovine del Castellaccio.

Il lago, che si trova a un altitudine di 510 m s.l.m., è caratterizzato da una superficie di 12 km2 e da una profondità massima di circa 44 m; alimentato dalle acque meteoriche e di ruscellamento superficiale, ha rapporti di interscambio con la falda idrica dell’acquifero vulcanico.

Anticamente il livello dell’acqua copriva l’intera valle di Vico e Monte Venere, cono vulcanico legato all’attività post-calderica e ultima espressione del vulcanismo di Vico, era una piccola isola.

ll lago non presenta immissari ma un unico emissario realizzato attraverso lo scavo di un apposito canale artificiale sotterraneo, presumibilmente iniziato dagli Etruschi e ripreso successivamente dai Romani, prima della costruzione della strada nota come Cassia Cimina. Gli Etruschi, abili ingegneri idraulici, realizzarono un canale per bonificare l’area e ricavarne dei terreni fertili da destinare alle coltivazioni. Il canale artificiale permise di abbassare il livello del lago di circa 20 m.

Nel XVI secolo l’opera idraulica fu ripristinata e modificata dai Farnese, duchi di Castro e di Ronciglione, in modo da abbassare ulteriormente il livello del lago e consentirne la regolazione delle escursioni attraverso una chiusa a sfioratori tutt’ora esistente; risale a questo periodo, in particolare, il prosciugamento delle aree denominate Pantanacce, Pantanello, Procoio e Punta del Lago.

Il canale sotterraneo, rinnovato nell’anno 2000, risulta lungo approssimativamente 500 m e confluisce nel fosso naturale del rio Vicano, il quale a sua volta sfocia nel Treia, affluente di destra del Tevere.

Le caratteristiche geologiche e naturalistiche rendono il recinto calderico, culminante nel Monte Fogliano, e il cono di Monte Venere elementi fortemente caratterizzanti il paesaggio d’insieme della valle di Vico.

I boschi che circondano la cinta calderica sono di notevole pregio ambientale: le faggete depresse, lembi di vegetazione relitta di epoche antiche, rappresentano un unicum così come gli esemplari secolari di Quercus cerris, specie dominante sui versanti caldi, che sono oggi inseriti nel libro degli alberi monumentali d’Italia.

Il notevole valore naturalistico del bacino del lago è alla base dell’istituzione della Riserva Naturale Lago di Vico, avvenuta con L.R. n. 47 del 28 settembre 1982, comprendente in origine il solo territorio di competenza amministrativa del comune di Caprarola. Si tratta di una delle riserve storiche della Regione Lazio essendo stata la seconda ad essere istituita.

Nel dicembre 2008 (L.R. 24 – 24.12.2008) il Consiglio Regionale del Lazio ha approvato l’ampliamento della Riserva, includendo nell’area protetta anche il versante sud-ovest del lago, quello Ronciglionese, fino a quel momento escluso.

 

L’estensione attuale della Riserva è di 4.109 ettari rispetto ai precedenti 3.346.

Il geosito è compreso inoltre nelle aree protette del SIC (IT601023) Monte Fogliano e Monte Venere e della ZPS (IT6010057) Lago di Vico-Monte Venere e Monte Fogliano.

Il lago di Vico ricopre oggi un ruolo importante nell’economia della provincia Viterbese, sia per quanto riguarda il settore agricolo che per quello turistico legato allo sport outdoor (parapendio, trekking, canoa, equitazione etc.).

Nel settore agricolo, la provincia della Tuscia è nota nell’intero territorio nazionale per la coltivazione delle nocciole, di cui il lago di Vico, o meglio le aree circumlacuali, sono parte integrante in quanto sede di coltivazioni intensive del nocciolo.

Altra cultivar di interesse per l’area del lago di Vico e quella del castagneto da frutto, anche se questi impianti sono presenti limitatamente alla zona sommitale della caldera del lago.

È possibile apprezzare complessivamente il paesaggio e la geomorfologia della caldera da due punti panoramici: la piattaforma di lancio dei deltaplani presso poggio Nibbio, e la Torre di avvistamento, in località Castellaccio, costruita a copertura di una esistente struttura dall’acquedotto di Caprarola.