Agliata

di Carlo Nuti

Nel Medioevo e nel Rinascimento l’agliata era regolarmente servita con i bolliti.

Folgore da San Gimignano – che alla fine del Trecento canta i mesi toscani in sonetti cortesi risonanti di corse a cavallo, tornei e partite di caccia tutti coronati da banchetti che li conclude – propone «cui piacesse» l’agliata nel mese di luglio per accompagnare «capponi lessi, le istarne arrosto e i giovani fagiani». L’aglio non è bandito dalle tavole dei grandi a condizione di essere corretto da una saggia preparazione, perché in un altro contesto il suo odore evoca il villano.

Questa ricetta è semplice e l’agliata ha un gusto schietto e si addice a carni robuste come arrosti e cacciagione.

Ingredienti

20 spicchi di aglio

40 gr di mollica di pane raffermo

¼ di litro di brodo (non di dado)

Spezie:

¼ di cucchiaino di zenzero fresco

¼ di cucchiaino di cannella in polvere

2 chiodi di garofano

Procedimento

Cuocere 18 spicchi di aglio non sbucciati sotto la cenere o in forno avvolti in carta stagnola (200° per mezz’ora).

Mettere la mollica a bagno in un po’ di brodo.

Sbucciare l’aglio cotto e i due spicchi crudi.

Schiacciare tutto nel mortaio e aggiungere poco per volta la mollica aggiungendo poco per volta le spezie e il brodo fino a ottenere un composto di consistenza vellutata. Salare e mettere in un tegame e portare a ebollizione e lasciar bollire per due o tre minuti.

Servire caldo.

 

Una variante interessante è il Purea all’Aglio

Cuocere un capo d’aglio nella maniera precedente per l’agliata. Sbucciare gli spicchi e metterli in un pentolino con un bicchiere di latte. Lentamente ridurre tutto a una crema vellutata girando in continuazione per impedire  che si attacchi.

Preparare una purea normalmente con latte e burro e aggiungere la vellutata di aglio e latte (un capo d’aglio per ogni chilo di patate).

La purea così preparata è delicata e ottima. Io l’accompagno con brasati e umidi di carni rosse.

Credetemi se vi dico che andrà a ruba e sarà sempre poca.